Minazzana

Veduta panoramica

Ai piedi del monte Altissimo, nelle Alpi Apuane, nel Comune di Seravezza, si trova il paese di Minazzana, nota come Fundum Menecianum. Le sue origini sono assai antiche: infatti, nel 1965 vi sono state rinvenute tombe dei Liguri – Apuani risalenti al III – II secolo a.C. All’interno di una di questa era una sepoltura maschile comprendente elmo e spada: il corredo di queste tombe, dette ad incinerazione, e’ conservato in parte al Museo di Pietrasanta e in parte al Museo Guinigi di Lucca. Minazzana nel Medioevo faceva parte del feudo dei Corvaresi, poi fece parte del Comune della Cappella, cosi’ come altri borghi della parte nord di Seravezza. La sua chiesa parrocchiale e’ intitolata a S. Pellegrino: sorge in luogo del più antico oratorio abbattuto nel 1560 da una frana. Sul portale di Antonio di Lorenzo Stagi appare la scritta 1746, probabile data del suo rifacimento. In un bassorilievo marmoreo lo stemma della famiglia Stagi insieme ad una scritta chela ricorda. Edificata ad una sola navata, al suo interno, sopra l’altare maggiore del 1647, troviamo un bel dipinto su tavola di Riccardo Tommasi, raffigurante la Crocifissione di Cristo. Anche il tabernacolo in marmo, di Jacopo di Domenico Giannini, risale all’epoca della costruzione dell’edificio: porta infatti incisa la data 1747. L’altare di destra, anch’esso in marmo, è sormontato da due colonne: la data della sua costruzione risale al 1844 ed è dedicato alla Madonna del Buon Consiglio. Un altro piccolo altare, semplice e in stile moderno, lo troviamo sulla sinistra. Ha sopra la statua del Sacro Cuore del 1953. Ancora possiamo ammirare, inserita in una nicchia, una bella statuetta di marmo che raffigura la Madonna col Bambino, del 1945, opera dello scultore Leonetto Tommasi. Sulla facciata dell’edificio due belle statue in bronzo vogliono ricordare San Pellegrino e la Madonna. Svetta, infine, a fianco della chiesa, la bella struttura del campanile merlato a base quadrata, purtroppo molto rovinato. Una delle sue campane è l’unico oggetto che fu possibile recuperare dall’oratorio distrutto.