Monumento di Via Lungagna a Pistoia in memoria di Lotario Rangoni Machiavelli

 

Monumento 1

Pochi sono a conoscenza dell’esistenza di questo monumento, ignoto perfino agli abitanti della stessa strada (Via Lungagna a Piuvica di Pistoia) dove è posto (anche perché è situato in mezzo ai campi), dedicato al Marchese Lotario Rangoni Machiavelli, nobil uomo modenese, perito qui con il suo aereo il 2 ottobre 1942. La mattina del 2 ottobre 1942 i contadini intenti a coltivare i campi, intorno alle ore undici, notarono un aereo che, partito dal Campo di Volo di Pistoia, sorvolò a lungo la zona. Improvvisamente i testimoni oculari, i fratelli Bartolini di Piuvica, videro che il motore iniziava a fumare e che l’aereo cominciava a perdere di quota ed ad avvitarsi su se stesso, fino a precipitare a circa cento metri da loro prendendo istantaneamente fuoco. I due Bartolini accorsero subito sul luogo ma non poterono fare niente per aiutare i due piloti, che bruciarono in pochi istanti (uno era il marchese Lotario Rangoni Machiavelli e l’altro non è ancora stato possibile appurare chi fosse): accorsero subito molte persone e fra le prime Don Tesi, un sacerdote che abitava lì vicino e che impartì a debita distanza l’estrema unzione ai due sfortunati uomini. Arrivarono poi le autorità: i carabinieri della vicina stazione di Bottegone, aviatori del campo di volo e altri e i corpi dei due piloti dopo un po’ furono portati via.

Monumento 2

L’anno successivo la madre del Rangoni acquistò un pezzo di terra nel luogo dove era caduto l’aereo e vi fece erigere un monumento in memoria del figlio, disponendo anche che una persona del luogo provvedesse a mantenere in ordine il monumento stesso e la zona circostante, deponendovi ogni tanto anche i fiori. C’è una curiosità da rilevare: ai piedi della Madonnina del monumento si trova una piccola chiesa, ma non si sa a quale chiesa si riferisca così come resta tutt’ora sconosciuto il nome del pilota che accompagnava il marchese.

 

LOTARIO RANGONI MACHIAVELLI e la FERRARI 

Monumento 3

Il marchese Lotario Rangoni Machiavelli, deceduto il 2 ottobre 1942 nei pressi di Bottegone di Pistoia, era di antica e nobile famiglia: egli fu il primo, insieme ad Alberto Ascari, ad avere guidato una Ferrari. Discendente di antica nobiltà modenese (Rangoni) e fiorentina (Machiavelli), il marchese Lotario nacque a Firenze nel 1913, ma si trasferì giovanissimo a Spilamberto, vicino a Modena, dove cominciò ad occuparsi delle tenute agricole di famiglia. Laureato in giurisprudenza e in scienze politiche e sociali, come pilota automobilistico si distinse in numerose gare con la Fiat – Balilla e con l’Alfa Romeo dopo aver portato al debutto la “815”, la prima Ferrari. Nell’ambiente sportivo modenese, e non solo in quello, era molto stimato. Appassionato di aeroplani e in possesso del brevetto di volo, durante la guerra venne destinato come sottotenente pilota a Pistoia. E proprio a Pistoia il 2 ottobre 1942, durante il collaudo di un nuovo apparecchio, precipitò perdendo la vita. La sua vita nel 1940 aveva incrociato quella del mitico Enzo Ferrari. Ferrari, interrotti gli studi alla morte del padre, iniziò la sua attività come istruttore alla scuola tornitori dell’officina dei pompieri di Modena. Alla fine del 1918, dopo l’esperienza militare della guerra, Ferrari ottiene un colloquio presso la Fiat. Ma Diego Soria non aveva nulla da offrire al reduce di guerra. Lo ricevette cordialmente nelle stanze torinesi di corso Dante. “Dipendesse da me, le darei subito un lavoro ma noi non siamo così grandi da poter pensare di risolvere i guai di tutti i disoccupati d’Italia”, spiegò freddamente l’ingegnere a Enzo. Che, in cuor suo, si sentì tradito: pianse amarissime lacrime su una panchina del parco Valentino. A risollevare le sorti di Enzo ci pensò Ugo Sivocci. Ugo lavorava per la CMN dove il giovane Ferrari trovò occupazione in qualità di collaudatore di automobili. Passo poi a Milano alla CMN come collaudatore e pilota da corsa. Esordi in gara nel 1919 alla Parma – Berceto e nello stesso anno partecipo alla Targa Florio. Nel 1920 passò all’Alfa Romeo, iniziando una collaborazione durata vent’anni che lo portò a ricoprire incarichi di collaudatore, pilota, collaboratore

Monumento 4

commerciale e infine direttore del reparto Alfa – Corse fino al novembre 1939. Nel 1929 fondo a Modena la “Scuderia Ferrari”, società sportiva con il principio costitutivo di fare correre i soci, che avviò un’intensa attività agonistica, ebbe una squadra ufficiale e finì per diventare una filiale tecnico-agonistica dell’Alfa Romeo, alla quale si sostituì nel 1933 nella continuazione dell’attività sportiva. Nel 1940 la Scuderia si distaccò dall’Alfa Romeo per incomprensioni fra l’Alfa e lo stesso Ferrari, trasformandosi in società “Auto Avio Costruzioni Ferrari” che lavorò per la Compagnia Nazionale Aeronautica di Roma, la Piaggio e la RIV. Durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1943, l’officina Ferrari fu trasferita da Modena a Maranello, dove iniziò la produzione di macchine rettificatrici oleodinamiche per cuscinetti a sfere. Nel 1940 viene annunciata la ripresa della Mille Miglia. Alberto Ascari e Lotario Rangoni Machiavelli commissionano a Ferrari due auto da far correre nella suddetta gara. Ferrari ha la possibilità di far correre la prima vettura completamente costruita da lui. La macchina si chiamerà 815 Auto Avio Costruzioni. Ferrari uscito dall’Alfa stipulò un accordo con la stessa casa, secondo il quale non avrebbe potuto costruire auto che riportassero il suo nome per i successivi quattro anni, così la macchina non potè riportare il suo nome. Il nome 815 deriva dagli 8 cilindri e dai 1500 cc del motore.

Monumento 5

Le due vetture, sviluppate in pochi mesi, sono subito competitive e dopo il primo giro sono dodicesima e tredicesima, ma prime nella classe 1500 cc. Nel secondo giro la vettura guidata da Ascari e dal cugino Minozzi si ritira per la rottura di un bilanciere. Al settimo giro anche Rangoni e Nardi devono abbandonare mentre si trovano in decima posizione assoluta per un guasto al ponte. L’officina fu bombardata nel 1944, ricostruita nel 1946, anno in cui ebbe inizio la progettazione completa e la costruzione della prima vettura “Ferrari”. La prima vettura sfornata dalla nuova fabbrica fu la 125 S uscita dagli stabilimenti nel 1947. Un’impresa sportiva di Lotario Rangoni Machiavelli: la vittoria nella “Corsa dell’Etna”. Non è difficile, quindi, comprendere come il fascino della Corsa dell’Etna sia cresciuto sfruttando pure quel valore aggiunto dato dal blasone dei piloti che figurano nel suo albo d’oro. Sarà improbabile – è vero – ritrovare negli annali di altre manifestazioni il nome del primo vincitore della gara sul vulcano più alto d’Europa, quello di Salvatore Ignoto che nel 1924, ottant’anni addietro, si aggiudicava la prima edizione (da Catania a Zafferana) su una Ceirano che dice poco anche ai più competenti. Ma le altre 38 edizioni sin qui disputate (siamo giunti infatti alla quarantesima edizione) vantano ai vertici delle classifiche assolute veri e propri cavalieri delle quattro ruote, alcuni persino entrati nella leggenda e celebrati tra i campioni veri. Delle prime tre edizioni, al di là della citazione dell’”apripista” Ignoto, va detto che nel 1931, alla seconda edizione, il successo andò ad Alfio Parlato su Alfa 1750 mentre nel 1939, ultima edizione prima dello sciagurato periodo bellico, la vittoria andò

Monumento 6

al marchese Lotario Rangoni Machiavelli di Modena che doveva poco dopo perire in aviazione. Rangoni non era certo un pilota di secondo piano, un rampollo di nobile e danaroso casato, ma un solido e valido pilota cui Enzo Ferrari, nel 1940, affidò una delle sue “815” ufficiali (la prima vettura da corsa con marchio Ferrari) alla Mille Miglia. L’altra era per Ascari.  Poi la Corsa dell’Etna è costretta a emigrare in circuito, anzi nel circuito. A Pergusa, unico anello siciliano, dove sono state disputate cinque edizioni, una delle quali ha permesso a un catanese, Enrico Grimaldi, di mettere per la prima volta un nome “indigeno” in vetta all’elenco dei partecipanti.

Monumento 7